UN PASSO IN PIÙ


Il pellegrinaggio a Santiago è un'esperienza unica. Poi se lo fai con un gruppo di giovani di altri paesi lo è ancora di più. Ambra ci racconta come l'ha vissuto

Roma 15.09.2019
Domenica mattina

Un mese fa a quest’ora avevamo intrapreso il primo giorno di cammino, partendo da Tuy. Era la prima tappa di un cammino incredibile tanto esteriore quanto interiore. Ma voglio fare un passo indietro, a quando sono stata invitata “per caso” a questo pellegrinaggio.  A maggio stavo prendendo una decisione importante, ovvero lasciare il lavoro e prendermi qualche tempo per poter capire cosa fare della mia vita.  Tra le altre cose, avevo messo sulla lista delle cose da voler fare il cammino di Santiago. Non volevo partire da sola, ma non avevo idea a chi rivolgermi, dove guardare, quando partire, con chi andare. Così un pomeriggio mentre tornavo da lavoro, ho rivolto questo mio desiderio a Dio: “Signore, tu sai che ho un grande desiderio di andare a Santiago, se pensi sia una cosa buona per me, aprimi una strada”.

Due giorni dopo mi reco alla casa famiglia dove faccio servizio il sabato mattina e incontro una delle missionarie, la quale dopo avermi chiesto il numero di cellulare per informarmi circa le loro iniziative pastorali, mi dice: “perché poi voglio darti le informazioni per il cammino di Santiago”. Io sono rimasta a bocca aperta. Ho capito immediatamente che era la risposta alla mia richiesta, quindi mi sono iscritta subito. Tre mesi dopo sono partita con la gioia nel cuore e con la certezza che trovarmi con questo gruppo di persone allora sconosciute era la cosa giusta. Questa la sensazione che ho avuto durante tutta la durata del viaggio: ogni parola, ogni canto, ogni ballo, ogni persona incontrata, ogni sorriso, ogni sasso, ogni chilometro fatto non faceva che confermarmi che mi trovavo dove dovevo essere, ovvero al posto giusto al momento giusto. Tutto sembrava preparato per me: ogni giorno veniva presentato il tema, la meditazione e mi sentivo chiamata in causa, sembrava che tutto il percorso catechetico fosse stato creato e pensato per me, a partire dal titolo “un pàso a mas”.

Quella del camminare è una dimensione lenta che mi ha aiutato a liberare la mente e a mettermi in contatto con me stessa e con Dio. Sì, perché camminando si ha tutto il tempo per poter riflettere, meditare, gustare la bellezza della natura intorno, conoscere chi hai accanto. È davvero molto bello accorgersi che i volti e i nomi che i primi giorni mi erano indifferenti perché sconosciuti, diventavano pian piano conosciuti e quindi preziosi.

L’aspetto variegato e multiculturale del cammino ha contribuito ad arricchire la mia esperienza: già dal primo giorno mi sono resa conto che la lingua non era assolutamente un problema. Con qualcuno con cui non avevo la possibilità di parlare una lingua comune riuscivo a scambiare solo un sorriso, ma era bello lo stesso, con altri invece c’è stata la possibilità di una condivisione più profonda e quindi la base per nuove relazioni.

Mi è piaciuto il modo sobrio in cui è stato organizzato il pellegrinaggio, facendo leva sulla fraternità più che sull’efficienza, sulla semplicità più che sul confort. E che dire sulle missionarie? Una testimonianza viva di amore per Dio e per le sue creature. Una volta ho letto che la fede senza la gioia non è fede. Se ciò è vero credo che si incarni perfettamente nelle sorelle che ho conosciuto: un mix di accoglienza delicata, allegria e fede.

Finisco dicendo che la cosa più bella e preziosa che mi sono portata a casa insieme ad una discutibile abbronzatura da pellegrina, è la fiducia in un Padre provvidente che ho sentito accanto in ogni momento. Santiago per me non è stato l’arrivo, ma solo un’altra tappa del cammino che è la vita. E allora non mi rimane che augurare a tutti buen camino!



Ambra


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